L'Angolo del Verde

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    Il libro-diario di "Eurasia Pedibus Calcantibus", viaggio a piedi dall´Italia al Giappone e ritorno. Il Viaggio sarebbe dovuto durare 5 anni attraverso 26 nazioni e lungo circa 40.500 chilometri, seguendo le orme di Alessandro Magno, Marco Polo, e la mitica Via della Seta. La burocrazia, unico lato negativo di quest´esperienza, ha impedito che il viaggio proseguisse, non concedendo visti speciali (in termini temporali) adatti allo spostamento a piedi, ignorando anche il messaggio di pace e fratellanza universale intrinseco. "Eurasia Pedibus Calcantibus" è divenuta perciò "Il Sogno Calpestato", interrompendosi in Iran dopo 13 mesi di cammino, attraverso 9 nazioni (Italia, Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria, Turchia, Moldova, Ucraina, Iran) e lungo 6000 chilometri. L´Autore rivive la sua esperienza conducendo per mano il lettore nella sua avventura. Al termine del libro un´appendice (redatta dall´autore stesso), racconta attraverso una breve storia, la grammatica di base ed un essenziale dizionarietto la lingua internazionale Esperanto, che si è rivelata la lingua veicolare di questo viaggio. Il libro ha un formato di 17x22 cm., consta di 260 pagine ed è corredato da una serie di fotografie, ha copertina con alette ed è stampato su carta riciclata ecologica. Il prezzo di copertina è di 15,00 euro. L´editore e l´autore sono disponibili a Occasioni di presentazione del volume.
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    ET_Moon

    All'annuncio della scoperta di un pianeta extrasolare, la domanda che ci poniamo è quasi sempre la stessa: quel corpo celeste può ospitare la vita? Giusto chiedercelo, ma altrettanto doveroso provare a rovesciare la prospettiva. E domandarci: un ipotetico osservatore dotato di una tecnologia appena superiore alla nostra potrebbe scoprire che sulla Terra ci sono le condizioni per ospitare la vita?
    Non è l'ispirazione per un romanzo di fantascienza, ma semplicemente il concetto sviluppato da un team di ricercatori e pubblicato a dicembre nell'edizione online di Astrophysical Journal. E' evidente che se un osservatore di un altro mondo - ovviamente dotato di un sistema di telescopi in grado di mostrare la presenza di un oggetto orbitante a una UA dal Sole - potesse osservare la Terra per alcune settimane potrebbe certo individuare quali sono gli elementi chimici che caratterizzano la nostra atmosfera. Ma sarebbe anche in grado, per esempio, di misurare la rotazione di quel lontano pianeta? L'ostacolo principale, capace di rendere vano ogni tentativo di determinare il moto di rotazione, è costituito dalla presenza di un sistema nuvoloso in continuo cambiamento, un moto caotico che metterebbe davvero in difficoltà gli osservatori alieni.
    Basandosi sui dati raccolti da osservazioni satellitari del nostro pianeta, Enric Palle (Instituto de Astrofisica de Canarias) e altri quattro ricercatori hanno creato un modello computerizzato della luminosità della Terra, mostrando come su scala globale la copertura nuvolosa che la caratterizza è davvero molto significativa. Ma questo non toglie ogni speranza. Su un periodo di alcuni mesi, infatti, l'osservatore alieno potrebbe riuscire a scorgere il ripetersi di dettagli superficiali sempre uguali e da questi dedurre che quel pianeta sta ruotando su se stesso ogni 24 ore.
    Non solo. Da queste continue variazioni superficiali - suggerisce sempre lo studio - si potrebbe dedurre che alla loro origine vi è un ciclo nuvoloso e, vista la distanza dal Sole, concludere che quel ciclo vede l'acqua come protagonista. Il confronto con un altro pianeta - di dimensioni pressochè identiche - appartenente a quel lontano sistema stellare (quello che noi chiamiamo Venere) potrebbe poi sottolineare ancor di più la particolarità di quel sistema nuvoloso in continua evoluzione.
    Secondo i ricercatori un simile scenario richiederebbe la disponibilità di un telescopio con capacità osservativa almeno doppia di quella di Hubble. Un sistema che farebbe indubbiamente la felicità anche di chi si occupa di ricerca planetaria qui sulla Terra.
    D'accordo, lo studio non è proprio indenne da osservazioni. Ma pensare che da qualche parte qualcuno possa avere la possibilità di scoprire che la nostra Terra è davvero un pianeta particolare mi emoziona un po'. Colpa di un altro anno che è trascorso?

    Edited by simone.r - 22/4/2015, 20:46
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    Rovo è una pianta molto comune, infatti tutti conosciamo i suoi gustosissimi frutti ed è, per fortuna, ancora consuetudine fare distensive passeggiate nei boschi a raccogliere le more. Il nome scientifico di questa pianta è Rubus fruticosus, appartenente alla famiglia delle Rosacee. Si presenta come un arbusto spinoso, a portamento sarmentoso, che raggiunge i 2-3 m di altezza, le foglie sono alternate, palmate, con 5 - 7 foglioline di forma ovale e margine dentato. Cresce spontaneamente nei boschi, tra le siepi, nei terreni incolti e viene coltivato, anche su larga scala, con varietà selezionate per la produzione dei frutti.

    Il Rovo è stato recentemente protagonista di ricerche e studi di laboratorio per le sue proprietà anti –età. Infatti dalle foglie di Rovo è possibile ottenere un estratto, che tramite test di laboratorio, si è rivelato molto utile nella lotta ai segni dell’invecchiamento.

    Tale estratto contiene particolari principi attivi quali flavonoidi, tannini, derivati triterpenici ed acidi organici in grado di inibire l’azione delle metalloproteinasi.

    Per comprendere la sua importanza vediamo cosa sono le metalloproteinasi e come agiscono.

    Le metalloproteinasi (MMP) sono una famiglia di enzimi che, nel loro insieme, sono in grado di degradare praticamente tutti i componenti della sostanza intercellulare della giunzione dermo – epidermica e di rimodellare la matrice extra – cellulare. Queste sostanze sono dunque coinvolte nell’invecchiamento cellulare e in numerosi processi fisiologici e patologici tra cui l’infiammazione e la crescita tumorale.

    In condizioni normali la funzione di queste metalloproteinasi viene controllata da antagonisti fisiologici specifici, denominati TIMPs (Tissue inhibitors of metalloproteinases), di contro l’avanzare dell’età e l’esposizione ai raggi solari sono invece capaci di aumentare notevolmente il loro numero.

    È stato dimostrato da questi studi che l’estratto di Rovo è in grado di inibire l’attivazione delle metalloproteinasi indotta dalle radiazioni UV. Inoltre si è evidenziato che il Rovo è in grado di arrestare la formazione di una citochina mediatrice dell’infiammazione. L’estratto si è rivelato anche un potente antiossidante, con un potenziale bloccante i radicali liberi paragonabile a quello dell’ α – tocoferolo.

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    Rischi notevoli per la salute, ma solo per chi ne beve quantità esorbitanti: dai 2 ai 10 litri al giorno. Colpa di zucchero e caffeina

    22 MAG - Brutte notizie per gli amanti delle bollicine. La Coca Cola può fare molto male alla salute. Berne tanta, infatti, può provocare problemi muscolari e portare addirittura alla paralisi. Non solo. Grandi quantità di Coca cola possono influire sul battito cardiaco rendendolo irregolare.
    Queste le conclusioni di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Ioannina, in Grecia, e pubblicato sulla rivista “Journal of Clinical Practice”. I ricercatori hanno scoperto che il consumo cronico di questa bevanda può causare l'insorgenza dell'ipopotassiemia, una condizione in cui c'é una carenza di potassio nel sangue. Questa può essere potenzialmente fatale e i suoi sintomi possono variare da una lieve debolezza a stipsi fino addirittura alla paralisi.
    I soggetti a rischio sarebbero quelli che farebbero un consumo giornaliero dai 2 ai 10 litri di Coca Cola. I ricercatori hanno riportato anche una serie di casi tra cui quello di una donna incinta che beveva dai tre ai sette litri di Coca Cola ogni giorno. In generale, tutti i pazienti analizzati hanno presentato un pieno e rapido recupero dopo aver smesso di bere questa bibita gassata e dopo aver assunto dei supplementi di potassio. Gli elementi che renderebbero il consumo cronico di Coca Cola molto pericoloso sarebbero lo zucchero e la caffeina.
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    Chiariamolo subito: Ruggini e testuggini è un libro di racconti. Meglio: Ruggini e testuggini, è una raccolta di memoria: personaggi ancorati alla propria esistenza che non possono dimenticare, uomini che s’aggrovigliano in mille azioni per poter ricordare, storie da prendere a morsi e da accartocciare, storie da soffiare, cantare, declamare, urlare o sussurrare, storie d’amore o d’ispirazione, storie di musica senza parole, o storie da tenere a mente e da poter raccontare. Ruggini e testuggini è un libro di racconti: c’è la storia dello scrittore Tommaseo Lazzato, di Funny la zanzara innamorata, di Harry Cleaveland grande suonatore di pentole, di vecchi e di fari, di musica e di scrittori.
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    Che alcune stelle si spostino nel cosmo a velocità elevatissime non è certo una novità. Il più delle volte le loro prestazioni le devono al passaggio nei pressi di un buco nero supermassiccio - qual è, per esempio, quello che si nasconde nelle regioni centrali della nostra Galassia - e al conseguente effetto fionda che l'intenso campo gravitazionale esercita su di esse. Nel caso della stella di neutroni associata al resto di supernova Puppis A, però, lo spintone è venuto da tutt'altra causa.
    Distante circa 7000 anni luce, Puppis A è quanto rimane di una supernova esplosa circa 3700 anni fa e, come spesso accade, dove ci sono le tracce di una supernova è molto facile imbattersi in qualche relitto cosmico. In questo caso il relitto si chiama RX J0822-4300 e già da alcuni anni è nel mirino degli astronomi. Le immagini ottenute utilizzando ripetutamente il telescopio spaziale Chandra, infatti, avevano mostrato che questa stella di neutroni è caratterizzata da un notevole moto sulla volta celeste.
    Tenendo in debito conto la distanza a cui si trova e misurando lo spostamento rilevato dalle immagini di Chandra, Frank Winkler (Middlebury College) e Robert Petre (NASA - Goddard Space Flight Center) hanno calcolato che quell'oggetto celeste sta viaggiando alla folle velocità di oltre 4,8 milioni di chilometri orari - quasi 1350 chilometri al secondo! - ed è dunque destinato ad abbandonare definitivamente la nostra Galassia.
    Lo studio di Winkler e Petre, pubblicato a fine novembre su Astrophysical Journal, fa seguito a un precedente lavoro riguardante RX J0822-4300 pubblicato lo scorso anno su Astronomy and Astrophysics da un altro gruppo di ricerca, ma ha il pregio di determinare la velocità della stella di neutroni con un minore margine d'errore.
    Secondo i ricercatori, all'origine di questa folle velocità ci sarebbe proprio l'esplosione di supernova che ha originato la stella di neutroni. "Immediatamente dopo la sua nascita - ha commentato Petre - quella stella ha ricevuto un biglietto di sola andata per andarsene dalla Galassia."
    Stando a quanto suggeriscono gli astronomi, dunque, l'esplosione che ha originato Puppis A e la stella fuggitiva non sarebbe stata un'esplosione centrale e simmetrica, ma l'evento avrebbe lanciato da una parte la stella di neutroni e dalla parte opposta gli altri detriti dell'esplosione. Gli stessi ricercatori, però, sono piuttosto cauti, dato che predisporre un modello per una esplosione così particolare è incredibilmente complicato e lo è ancor di più se - come in questo caso - si deve rendere ragione di una velocità così estrema.
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    Sulla Paullese, in provincia di Milano, funziona a pieno ritmo il Luna parking, il primo parcheggio dell'amore: una giusta soluzione per le giovani coppie senza un tetto sopra la testa o un'iniziativa indecente? Dite la vostra

    Cinque euro per un po' di intimità protetta nell'ambiente angusto dell'abitacolo della propria auto: a tanto ammonta il biglietto d'ingresso orario al Luna parking, il primo parcheggio dell'amore aperto da Marco Donarini sulla Paullese, trafficata strada provinciale nell'hinterland milanese. Volendo, si può anche sottoscrivere un abbonamento per poter accedere a prezzo scontato a uno dei trentotto box gestiti dal 45enne titolare, separato e padre di tre figli, che con quest'attività guadagna, dice, meno di tremila euro al mese, per un totale di trecento ingressi.

    «I motel costano troppo, devi dare i documenti - spiega Donarini al Corriere della Sera -. Da me, meno problemi. E meno rischi. Con tutti gli stupri in giro... I genitori mi ringraziano. Un carabiniere mi ha detto: "Bravo. Con mia figlia da te, io dormo più tranquillo"». Non la pensa così, ovviamente, il parroco che - apostrofandolo come pubblico peccatore - ha organizzato veglie con salmi penitenziali per invocare la misericordia divina. In paese, l'ipocrisia si taglia a fette ma lui, perfido, rivela: «Senta. Ci sono mamme che dopo aver accompagnato i figli a scuola si presentano con l'amichetto, ce ne sono altre che si presentano invece la domenica. Al marito dicono che vanno a messa... Ci sono anziani che anziché stare al circolino a far la briscola il pomeriggio fanno un salto. Deve vedere che volti di color viola... E se con 'sto caldo ci rimangono?».

    Un bell'osservatorio, insomma, sul sesso non benedetto da madre Chiesa e sul si-fa-ma-non-si-dice tipico di una provincia nella quale tuttavia gli alberghi a ore abbondano e trovano spazi pubblicitari nei cinema locali, per non parlare delle prostitute che si incontrano a ogni crocicchio, a tutte le ore del giorno. E non è un caso, insieme con la pericolosità della strada in sé, che la Paulesse sia spesso e volentieri teatro di incidenti mortali. Don Lorenzo Roncali, 37 anni, curato di Bagnolo Cremasco dice che «il parcheggio è in una zona isolata, non lo vede nessuno», mentre per il sindaco di centrodestra Carlo Peretti, 61 anni, «è un postribolo, ci vanno le prostitute», accusa che il titolare respinge: «Le prostitute no - dice Donarini -. Questo posto è la sana e semplice celebrazione della camporella, dell'appartarsi. Le coppie stanno insieme, punto. Rischi? Ci sono mura di cinta. Di guardoni, nemmeno l'ombra».

    «Sto rilanciando - aggiunge per nulla pentito -. Metterò un sistema di pagamento automatizzato e di telecamere. Sono stremato: vivo qui 24 ore. All'alba qualcuno mi telefona, "vieni ad aprire"; certe notti resto fino alle 4, qualcuno si addormenta in macchina, sono costretto a far partire la sirena dell'allarme, per svegliarlo. È una vitaccia. E quel vecchio curato mi accusava di essere un peccatore... Ormai sono l'unico, che non pecca». Giusta iniziativa, quella del parcheggio dell'amore, o incedente? A voi la parola. (Libero News)

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    L’arancio dolce, noto in botanica con il nome di Citru Sinensis, è una pianta originaria della Cina, che è stata introdotta in Italia dagli Arabi, che la hanno portata in Sicilia e in Calabria dove notoriamente sono insediate le più vaste coltivazioni della nazione.

    L’arancio è conosciuto come frutto principalmente, ha una buona impiegabilità nella cucina e come frutto da consumarsi anche lontano dai pasti. Dolce ma non troppo, acido ma non eccessivamente, è un frutto che può essere consumato da solo o con altre pietanze.

    Dell’arancio dolce abbiamo detto già molte cose, se non che è coltivabile e utilizzabile anche come olio essenziale, per la sua aromaticità, per la sua facilità di estrazione e per la sua utilità nella cura dell’organismo. Vediamo insieme per cosa può essere impiegato l’arancio dolce.

    L’olio essenziale dell’arancio viene tratto dalla sua scorza, a seconda del tipo di arancio la scorza può essere più o meno completa di Vitamine, sali minerali e sostanze utili alla cura dell’organismo.

    I tipi di olio essenziale che si traggono dall’arancio dolce sono ottenuti attraverso la spremitura dei frutti freschi, ma non solo la buccia, anche i fiori e le foglie dell’albero possono dare oli essenziali, ad esempio è il caso dell’olio essenziale più conosciuto, il Neroly.

    La pianta può essere usata per la cura della pelle e per guarire dagli inestetismi della cellulite, specialmente nel caso in cui i segni della ritenzione idrica siano leggeri e alle prime smagliature. L’applicazione di una crema idratante con olio essenziale è una buona prassi anche per la prevenzione delle rughe.

    L’olio essenziale di arancio dolce viene primariamente impiegato nei casi in cui si manifestino momenti di ansia, nervosismo e tensione, ottimo calmante e coadiuvante alla prevenzione degli attacchi di ansia, se inalato e respirato nel momento di attacco della crisi.

    Può essere utile il suo uso nei momenti in cui ci siano delle difficoltà nella digestione: assunto con infuso di finocchio rende più facile la prevenzione del meteorismo intestinale e della stipsi.

    Il suo uso prolungato sulla pelle specie del viso può essere poco indicato, per la sua azione levigante e ringiovanente non va usato prima di esporsi ai raggi solari per l’abbronzatura, renderebbe la pelle sensibile e soggetta a screpolature o scottature anche gravi.


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    Frutta e verdura dovrebbero essere una componente costante nella nostra alimentazione. Anche la moderna scienza dietetica infatti raccomanda di inserire regolarmente verdura nei due pasti principali e frutta almeno in tre occasioni giornaliere. Che questi cibi siano le fonti privilegiate di vitamine e minerali è cosa risaputa.
    Ma oltre a garantirci un apporto adeguato di questi nutrienti, le numerose specie di vegetali che compaiono sulla nostra tavola possono aiutarci anche in qualità di veri rimedi terapeutici, ognuno con le sue peculiarità.
    Prendiamo in considerazione alcuni esempi.

    Se soffrite di dolori reumatici
    Potete trarre giovamento dalle ciliegie: possono essere infuse nella grappa (se ne beve un sorso tutti i giorni), oppure centrifugate intere con i piccioli. Ma anche la fragola, la prugna e il ribes sono dei buoni rimedi. Il ribes nero in particolare è efficace anche nel trattamento della gotta per la sua azione antiuricemica e può essere usato anche sotto forma di tintura madre. Una discreta azione antireumatica è propria anche dell'uva. Fra le verdure, in tema di dolori articolari, la più indicata è il sedano, specialmente come centrifugato da solo o con il pomodoro. In caso di articolazioni infiammate, un rimedio topico molto noto è costituito dalle foglie di verza o dalla cipolla bollite e usate come impacco.

    Se dovete curare la tosse
    Poniamo il caso che dobbiate curare una tosse secca e stizzosa: una ricetta semplice e gradevole potrebbe essere una macedonia ben zuccherata con anguria, fragola, pera e melone. Può funzionare anche una insalata di kiwi e cetriolo (quest'ultima dotata anche di proprietà lassative) o del succo di crescione. Se invece la tosse è accompagnata da catarro abbondante, si può ricorrere ad un centrifugato di rapa bianca o di ravanello, con poco miele. In tutti i casi di tosse specialmente se cronica e secca, la pera è sempre indicata.
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    Il detentore del record di massa dei buchi neri stellari, dunque, si annida nella galassia M33, a circa 3 milioni di anni luce di distanza dalla Terra. Stando infatti ai dati raccolti sia da Chandra, l'osservatorio spaziale per la radiazione X, sia dal Gemini, uno dei giganteschi telescopi che affollano la vetta del Mauna Kea alle Hawaii, la massa di M33 X-7, questo il nome in codice del buco nero, sarebbe di 15,7 masse solari. Un autentico record, ma nel contempo un valore che rischia di creare qualche problema agli astrofisici teorici che si occupano di evoluzione stellare.
    L'annuncio delle particolarità di M33 X-7 e del sistema binario cui appartiene è apparso qualche tempo fa sulla rivista Nature in uno studio curato da Jerome Orosz (San Diego State University) e dai suoi collaboratori. Sempre all'analisi del medesimo sistema, poi, è dedicato uno studio di Wolfgang Pietsch, coautore anche del lavoro di Orosz, pubblicato su Astrophysical Journal.
    M33 X-7 non è isolato, ma orbita intorno a una stella compagna ed è proprio l'osservazione dell'eclissi che si verifica puntualmente ogni tre giorni e mezzo che ha fornito agli astronomi i dati per calcolare le caratteristiche del sistema. E si è così scoperto che non è solamente il buco nero a essere da record. Anche la stella intorno alla quale orbita M33 X-7 è quasi da primato: le misurazioni, infatti, hanno indicato che la sua massa è pari a 70 volte quella solare. Insomma, prima che un'esplosione di supernova trasformasse una delle due stelle in un buco nero, le due compagne erano entrambe degli autentici pesi massimi e la prima a scomparire - questo suggeriscono gli attuali modelli di evoluzione stellare - è stata la stella più massiccia.
    Ma questo scenario pone una spinosa domanda ai teorici. Poichè in sistemi di questo tipo si assiste a fenomeni di vistosa perdita di materiale, come è possibile che una delle stelle sia riuscita a mantenere massa sufficiente per originare un buco nero così massiccio? Per far tornare i conti, infatti, si dovrebbe ipotizzare una perdita di massa 10 volte inferiore a quella predetta dagli attuali modelli.
    L'esistenza di M33 X-7 potrebbe dunque suggerire che i nostri modelli non sono poi così corretti. Oppure che le stelle di una certa massa potrebbero anche permettersi qualche libertà in più delle altre, magari tenendosi stretto più materiale per far sì che la loro esplosione di supernova risulti più luminosa e il buco nero più massiccio.
    Così, mentre si lascia ai teorici il compito di dirimere la spinosa questione, c'è chi suggerisce di tenere bene a mente SN 2006gy, una supernova incredibilmente brillante originata da una stella che - si dice - pesava 150 volte il nostro Sole.
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    Dopo il romanzo “noir” Nel fondo della notte pubblicato da Proposte Editoriali in seguito al suo piazzamento al primo posto nel concorso “Elsa Morante”, ecco che Valerio Pinelli torna a stupirci con questo L’albero ed io. L’italiano puro, sebbene punteggiato da termini propriamente toscani, che l’autore usa con estrema naturalezza nel suo romanzo, è ammirevole sotto tutti i punti di vista. Non esitiamo a dire che alcune pagine, se non addirittura tutto il testo, sono degne di apparire nei trattati sulla letteratura italiana e nelle antologie scolastiche. Dato che questa affermazione potrebbe apparire ai più eccessiva, vogliamo avvalorarla riportando qui di seguito l’incipit del libro: Quando cammino, laggiù in fondo alla Carraia, sul versante che guarda Volterra, mi fermo sempre a rileggere le lettere di bronzo vecchio fissate a quel marmo logoro, colato di ruggine verdastra e chiazzato di muffa. All´intorno una grata rada, sormontata da una croce di ferro incancrenita dal vento e dai temporali. E dei cespuglietti inselvatichiti, che ad ogni primavera sgorgano alla vita nuova un fiume fresco di roselline. Una lapide, di quelle silenziose e tenaci, che oggi non s’usano più, abituate a resistere al tempo che scorre, ed un angolo defilato, che la calca indaffarata sorpassa frettolosa, quasi senza avvedersene. Quaggiù, una volta, così mi hanno detto, si sbucava direttamente sulle terre. Calate d’avena e di lupinella, campi di maggese e d’erba medica per le bestie, gli squadri delle vigne e degli olivi. Non s’aveva da superare le case nuove cresciute senza ritegno sui ruderi delle cascine, né i palazzi mesti e piatti del Portone. Non c’era l’asilo nido, neanche la caserma dei Carabinieri nuova di zecca. E non si vedeva la gente d’ora, ammalata delle magnifiche sorti del progresso ed ansiosa di riempirsi la vita con l’inutilità delle cose. Sbrigativa e malinconica, nello struggimento di possedere un po’ di mobili o qualche auto in più degli altri. E la foga di sprofondare di calcestruzzo l’erba verde. Ma era un posto solitario, di quelli senza eccessiva premura - tanto mondi da viaggiare e mari da solcare non ce n’erano - fuori mano dalla provinciale che venendo da Pontedera attraversava le colline per perdersi fra lande e calanchi senza nome, dove si campava per lo più con quello che davano i campi e con le attività d’artigiano che gli venivano dietro. Contornato dai poderi coltivati e dai cigli dei poggi. Il romanzo narra i fatti accaduti a Peccioli, in provincia di Pisa, nel marzo del ’44, quando la Resistenza scrisse una delle sue pagine più limpide e coraggiose. E narra la rabbia che aumenta nell’aspettativa di cambiare il mondo – che poi, purtroppo, non cambia affatto! - da parte di giovani che affrontano anche l’estremo sacrificio, con tutta l’umana disperazione che la grave decisione comporta. Renzino, il protagonista, si trova anche ad amare, ma il suo è un amore che non può avere un seguito, perché l’amata si è lasciata convincere dalle comodità del compromesso con la propria coscienza: compromesso che è sempre facile quando di mezzo c’è la povertà e una propensione all’autoinganno. Quando la donna, dopo la caduta del fascismo, si trova a pagare le conseguenze delle sue scelte, Renzino, che ne è stato l’amante, non può far nulla in sua difesa. Ma non è l’amore il filo conduttore del romanzo, bensì l’amara decisione di rischiare la vita, pur di portare avanti il proprio ideale di giustizia, libertà, uguaglianza di Renzino e di tutti gli altri suoi compagni. E il dovere, per Renzino, di essere un capo che non può tentennare, perché dev’essere un esempio per gli altri. Ma è solo così, con questa determinazione disperata, che si scrivono le pagine della Storia e una pagina importante fu scritta proprio a Peccioli, in quel gelido inverno del ’44. E in questo bel romanzo storico, in più, una lingua italiana tersa e brillante, che si legge con stupito piacere, e che solo un toscano vero, che sta divenendo sempre più consapevolmente grande scrittore, poteva offrire al lettore avido di buone letture.
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    Trama Una coppia, distrutta dalla morte del figlio, si ritira nel suo piccolo "paradiso" in mezzo a un bosco, sperando che il contatto con la natura lenisca la tremenda ferita. Ma le cose vanno di male in peggio, perché il "creato" forse non sottostà al creatore cui tipicamente si pensa, ma al suo rivale: il demonio.

    Titolo originale Antichrist

    Produzione Danimarca, Germania, Francia, Svezia, Italia, Polonia 2009

    Regia Lars von Trier

    Interpreti
    Willem Dafoe
    Charlotte Gainsbourg

    Durata 100'

    Genere Horror
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    Con questo romanzo il filone dei thriller relativi all´economia aziendale sbarca anche in Italia. L’Autore sembra voler lasciare una traccia della propria autobiografia in questa narrazione che ha come sottotitolo: - Prologo de “Il Giardino del Gioco – Che cosa si nasconde dietro la sigla NWD s.p.a.? Gli uomini della Work Directory, nel disperato tentativo di evitarne l’assorbimento da parte di un colosso finanziario sbucato fuori dal nulla, cercheranno di scoprirlo e ci riusciranno ribaltando questo tentativo a loro favore. Un thriller dunque a sfondo economico che ben s’inserisce in questo filone che dagli USA sta sbarcando pure in Europa a dimostrazione del dilagare della globalizzazione anche nell’editoria. C’è nella narrazione l’analisi d’una missione imprenditoriale e lo svolgersi dei meccanismi umani e finanziari relativi all’affermarsi di una azienda. L’intricata trama del romanzo si sviluppa in un concatenarsi d’indizi che portano il lettore a conoscere capitani d’impresa e finanzieri d’assalto privi d’ogni scrupolo alle prese con eventi più grandi degli stessi personaggi. Gli indizi forniti presentano altrettanti punti di partenza per i diversi livelli di lettura. La narrazione si svolge piana, sicura, senza intoppi, la vicenda è intrecciata da flash su punti nodali di avvenimenti passati. Il lettore ne resta inevitabilmente coinvolto e gioisce coi personaggi nel raggiungere il positivo evento conclusivo.
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    Molto difficile che una stella nasca isolata. Generalmente le stelle si accendono a grappoli, immerse in gigantesche nubi di gas e polveri e poi ognuna di esse prende la sua strada. La più nota tra queste fucine di stelle è indubbiamente la Nebulosa di Orione, tenuta accuratamente sotto controllo dagli astronomi perchè ci può indicare le condizioni nelle quali, quattro miliardi e mezzo di anni fa, si è formata anche la nostra stella. E con essa quella numerosa famiglia di oggetti planetari che costituisce il Sistema solare.
    L'individuazione diretta proprio nella Nebulosa di Orione, grazie al telescopio Hubble, di numerosi dischi protoplanetari - i cosiddetti proplyds - ha da tempo ulteriormente contribuito a concentrare su questa fabbrica di stelle le attenzioni dei ricercatori. Uno studio nel dominio infrarosso che verrà pubblicato in agosto su Astrophysical Journal, però, rischia di raffreddare un po' gli animi di coloro che interpretavano la scoperta dei dischi di polveri intorno a numerose stelle quasi come una conferma che il meccanismo di costruzione planetaria fosse piuttosto comune. Lo studio è frutto di una serie di osservazioni alle lunghezze d'onda millimetriche effettuate con le antenne di CARMA (Combined Array for Research in Millimeter Astronomy), una rete di 15 radiotelescopi operante dal 2006. L'osservazione nell'infrarosso, infatti, è la strada migliore per riuscire a mettere in evidenza i dischi di polveri intorno alle giovani stelle destinati a generare nuovi sistemi planetari.
    Joshua Eisner (UC Berkeley) e il suo team hanno effettuato una dettagliata survey delle stelle appartenenti alle regioni centrali della Nebulosa di Orione e hanno scoperto che solamente una su dieci delle oltre 250 stelle prese in considerazione presenta la tipica emissione a 1.3 millimetri che caratterizza i caldi dischi di polvere. Ancora in minor numero - meno dell'8 per cento degli astri osservati - le stelle il cui disco di polveri, secondo i modelli correnti, sarebbe in grado di portare alla formazione di pianeti di taglia gioviana.
    Stando a queste ricerche, dunque, le stelle come il nostro Sole avrebbero davvero una bassa probabilità di formare pianeti, e ancora più bassa sarebbe la probabilità di giungere alla formazione di pianeti grandi come Giove. Un risultato che sembra confermare quanto emerge dalle attuali ricerche di sistemi planetari e cioè che soltanto il 6% circa delle stelle osservate ospiterebbe pianeti di taglia gioviana o più grandi. I dati di CARMA relativi a Orione, inoltre, messi a confronto con precedenti ricerche sia su ammassi aperti più giovani che più vecchi, avrebbero confermato che esiste una sorta di andamento evolutivo nella massa media dei dischi di polvere, con gli ammassi più vecchi caratterizzati da dischi meno massicci, segno evidente che parte delle polveri già sono confluite in oggetti planetari.
    Prima di giungere a conclusioni affrettate, però, sarà buona cosa chiarire - sia per la Nebulosa di Orione che per le altre fucine stellari - quale ruolo possa giocare l'intensa radiazione emessa dalle massicce stelle di classe OB, capace di distruggere per fotoevaporazione parte delle polveri lasciando in tal modo meno materiale a disposizione per formare i dischi.

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    La pelle è l'organo più esteso del nostro corpo. Con una superficie che nell'individuo adulto è di circa 6 metri quadrati e un peso che rappresenta mediamente il 5% di quello corporeo. Soprattutto sta a lei, la pelle, il compito di garantire al nostro organismo termoregolazione, idratazione e protezione meccanica e chimica. In pratica, rappresenta il filtro fondamentale tra noi e il mondo esterno. Naturale quindi che, quando qualcosa non va a livello fisico o psicologico, spesso sia proprio la cute a mandare i primi segnali, con squilibri nel ciclo del rinnovamento cellulare (quel processo di 28 giorni durante i quali le cellule alla base dell'epidermide si moltiplicano e si spostano verso gli strati superiori, dove verranno alla fine eliminate naturalmente), causa di inestetismi ma anche di vere e proprie patologie.

    I dati parlano di un aumento costante delle dermatiti negli ultimi decenni, che va di pari passo con la crescita di intolleranze e manifestazioni allergiche. In entrambi i casi, tra i principali imputati viene sempre più additato dagli studiosi lo stress, che di per sé costituisce una "risposta adattativa" - una reazione con cui l'organismo cerca, cioè, di adattarsi a fattori esterni - ma che quando diventa cronico o è particolarmente intenso influisce negativamente sui meccanismi cellulari.

    In passato era già stata dimostrata la correlazione tra stress psicologico e mancato rinnovo delle cellule dell'epidermide. Del resto esiste una disciplina (il nome per esteso è psiconeuroendocrinoimmunologia, ma per ovvi motivi viene abbreviata in PNEI) incaricata tra l'altro di spiegare biologicamente i rapporti a doppio senso tra psiche e disturbi cutanei, perché se è vero che spesso le malattie della pelle causano disagio psicologico, come si accennava prima è vero anche il contrario: una situazione non serena a livello psicologico può essere la causa scatenante di disturbi cutanei di vario tipo. Alterando l'equilibrio del sistema, lo stress determina infatti una diminuzione della proliferazione e della differenziazione cellulare e dunque del ricambio a livello epidermico. Ora però sono stati fatti ulteriori passi avanti e qualche settimana fa l'American Journal of Physiology-Regulatory ha pubblicato i risultati di uno studio condotto in laboratorio (per adesso sui topi) dagli scienziati del Veterans Affair Medical Center e della University of California di San Francisco, che spiegherebbe più nel dettaglio questa correlazione.

    meccanismi di somatizzazione
    "La pelle" spiega la dottoressa Rita Viscovo, Omeopata ed esperta di Laser in Dermatologia presso il Centro Medico Monterosa di Milano, "è da sempre la sede delle cosiddette somatizzazioni, perché a livello organico le tensioni si scaricano prima di tutto qui e nell'apparato gastrointestinale. Il cortisolo endogeno a cui fa riferimento anche il recente studio, viene prodotto dall'organismo per proteggerci da eventi allergici e stressanti, ma le reazioni sono di due specie: una tipica della fase acuta e una di quella cronica. Nel primo caso si verifica appunto un aumento fisiologico delle reazioni allo stress, con la produzione di sostanze necessarie ai meccanismi di difesa. Nella fase cronica, invece, la produzione di ormoni da parte del surrene si è così intensificata da portare a uno squilibrio e a un impoverimento delle risorse interne. Per fare un esempio si può pensare a una macchina che corre da molto tempo ad alta velocità e alla fine si ritrova col serbatoio vuoto. Per questo, anche se può sembrare un paradosso, di solito si somministra al paziente del cortisone: da un lato per compensare l'ormai ridotta produzione endocrina, dall'altro per spingere l'organismo a riportare la produzione nei limiti dell'equilibrio."
    Anche le difese immunitarie vengono meno
    Il discorso della ridotta funzionalità endocrina va poi associato al fatto che i periodi di maggior stress sono anche caratterizzati da un abbassamento delle difese immunitarie, per cui la cute come il resto del corpo è più esposta a batteri e aggressioni esterne. Spesso è proprio questa accoppiata perniciosa che determina un aumento delle allergie e delle manifestazioni a carico dell'epidermide: dall'eczema all'eczema da contatto, dalla dermatite atopica fino alla riacutizzazione della psoriasi, una malattia che ha prevalentemente una causa genetica, ma che nel 40% circa dei casi colpisce o si accentua in pazienti che presentano un quadro di affaticamento o di stress psicofisico più intenso.
    Per tornare alle forme più frequenti di disturbi cutanei legati a una situazione di "esaurimento" delle energie psicofisiche, le più comuni sono le vere e proprie dermatiti, quelle reazioni infiammatorie ricorrenti che sono caratterizzate dalle celebri macchie arrossate comparse senza una causa apparente o un'eziologia precisa. Altra manifestazione comune è, come si diceva, l'eczema: una forma di dermatite pruriginosa in cui la cute si presenta secca, ispessita, arrossata e a volte arriva a sanguinare se chi ne è affetto non riesce a evitare di grattarsi. Ancora: legate allo stress possono essere l'orticaria - che si riconosce per le chiazze e i cosiddetti "pomfi" (cioè delle zone in rilievo) che prudono ma spesso hanno per fortuna una remissione spontanea - l'acne che colpisce gli adulti e la follicolite. Di queste ultime due, la prima è in molti casi una forma di somatizzazione che segue eventi stressanti, la seconda è un'infiammazione del follicolo pilifero causata o da stress chimici come l'uso di detergenti non adeguati oppure proprio da periodi di stress psicofisico.

    E se anche l'ambiente ci mette lo zampino...
    Prosegue la dottoressa Viscovo: "In tutti questi casi, che spesso coincidono con uno stile di vita frenetico, ma anche con momenti di particolare carico di lavoro, ansia o cambiamenti radicali, l'organismo e quindi anche la pelle non sanno più reagire agli stimoli a cui in precedenza erano abituati. In alcuni casi si parla di "sindrome di disadattamento ambientale", che può essere accentuata da una serie di fattori tra cui l'inquinamento atmosferico, gli ambienti costantemente surriscaldati o viceversa raffreddati in modo eccessivo, l'esposizione per lunghe parti della giornata all'illuminazione artificiale e agli schermi del computer. Tutto un insieme di elementi, insomma, che finiamo per dare per scontati o che comunque sottovalutiamo, mentre in realtà rappresentano agenti stressanti a carico della pelle, perché da un lato la invecchiano precocemente dall'altro ostacolano sia la remissione dei disturbi lievi che quella delle manifestazioni patologiche più serie."

    Attenzione alle aggressioni silenziose
    Detergenti e cosmetici usati in modo sbrigativo e scelti con superficialità. Peeling professionali o domestici praticati con frequenza sproporzionata alle esigenze e al tipo di pelle. Sono tante le aggressioni a cui sottoponiamo l'epidermide anche quando pensiamo di prendercene sufficientemente cura. E sono proprio queste aggressioni silenziose che preparano il terreno a dermatiti e altre patologie di cui ci si rende conto solo quando la manifestazione è ormai eclatante. Per la cute, avvertono i dermatologi, questi sono stress quotidiani che si sommano a uno stile di vita che già di per sé non favorisce il benessere dell'organismo.
    Per questo è necessario valutare bene le scelte in campo cosmetico e puntare molto sull'alimentazione come presidio contro i problemi della pelle. Prima di tutto si devono utilizzare solo detergenti che rispettino l'acidità del pH cutaneo, ed è un errore ancora diffuso l'uso "fuori tempo massimo" di saponi formulati per l'infanzia: si crede che siano delicati e quindi meno aggressivi, mentre in realtà risultano troppo basici per la pelle degli adulti, e quindi per nulla adatti. No anche agli scrub e ai peeling frequenti, senza un'indicazione da parte di uno specialista o comunque un consiglio relativo al tipo di pelle. E lo stesso discorso vale per le creme idratanti, che dovrebbero essere calibrate e non scelte semplicemente in base, magari, alla confezione accattivante. Infine, fondamentale è la formulazione della dieta e dell'apporto nutritivo dei cibi: sì a cereali, frutta, verdura e in generale alimenti che contengono sostanze antiossidanti, come vitamine e minerali (eventualmente da integrare, ma anche in questo caso senza abusi). Per esempio, la dermatite può essere causata dalla carenza di una qualunque delle vitamine del gruppo B, mentre la mancanza di proteine è tra le cause dell'eczema cronico e quella di manganese può determinare una dermatite esfoliativa. Viceversa, la vitamina C e i bioflavonoidi aiutano la remissione di un'eventuale infiammazione.

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